Torino è una città fantastica, ma in me evoca un ricordo drammatico, una situazione che non auguro mai a nessuna donna. Era la fine di aprile del 1995, la mia famiglia, in pratica mio padre, in Nigeria (alla periferia di Benin City) mi aveva "costretta" ad andare con due signori (nigeriani) che poi mi avrebbero portata in Italia dove avrei trovato lavoro come commessa in qualche supermercato o in qualche negozio.
Io non volevo venire in Italia, l'anno prima mi ero diplomata alla scuola superiore, ma quando quei signori proposero a mio padre dei soldi in cambio di una delle figlie, mio padre scelse me perché ero la primogenita.
Arrivai alla stazione di Torino dopo un lunghissimo viaggio in treno da Amsterdam. Era una mattina, ero sola, impaurita, non conoscevo la lingua, non conoscevo nulla e nessuno. Come previsto mi venne incontro un ragazzo nigeriano. Avevo due grosse valige e una borsa. Inquadrai subito quel ragazzo come un perfetto idiota, non accennò nemmeno per un momento di darmi una mano con i bagagli.
Un taxi ci portò in un luogo pieno di palazzi, salimmo al 5° piano di uno di essi e li trovai altre ragazze nigerine, 4 o forse 5, non ricordo esattamente, e una signora molto grassa, nigeriana anche lei. La grassezza di una donna, nella cultura Edo è uno status simbol, significa benessere economico. Dopo una decina di minuti quel ragazzo se ne andò. Sapendo che con me c'erano altre ragazze nigeriane un po' mi rincuorai.
Quella sarebbe stata la mia casa per i mesi successivi. Quel giorno non accadde nulla, la signora mi portò in una piccola stanza senza finestre, un letto pieghevole e null'altro. Chiuse la porta della stanza a chiave e mi lasciò sola. Ho dormito fino al giorno successivo, finché quella signora venne ad aprire la porta e mi disse che doveva parlarmi.
Le chiesi delle altre ragazze, e mi rispose che erano a dormire perché la notte scorsa erano andate a lavorare. Mi venne subito la domanda "ingenua" ma che lavoro è lavorare di notte, lei mi disse semplicemente che lo avrei scoperto molto presto. Ci parlavamo in inglese, e dalla sua inflessione capii che anche quella signora veniva da Benin City.
Quello che la signora mi disse subito dopo fu per me drammatico, capii all'istante che ero stata ingannata, e che non avrei mai fatto la commessa.
Quella donna mi disse:
Io le risposi assolutamente di NO, che non sarei mai andata con altri uomini per soldi, e che ci doveva essere un altro modo per pagare il debito, e iniziai a piangere.
A questo punto lei mi minacciò ricordandomi che avevo fatto una promessa (il rito woodoo) e che se avessi rotto il patto avrebbero fatto del male a mia madre o alle mie sorelle, oppure a me. Poi mi rinchiuse nella mia stanza .. Piansi, e piansi ancora.
Non potevo vedere di fuori perché la stanza era senza finestre, non potevo parlare con le altre ragazze, ricevevo un piatto di "yam" (pietanza nigeriana) solo una volta .. Quando le ragazze stavano per uscire al "lavoro", la signora veniva ad aprire e mi invitava ad andare con loro .. ma io continuavo a rispondere sempre di NO.
Passarono 4 o 5 giorni (avevo anche perso la cognizione del tempo) quando si presentarono alla porta due ragazzi nigeriani accompagnati dalla signora "Elizabeth".
La "mamam" era sola in casa, le ragazze tutte uscite. Uno dei due ragazzi mi prese a forza mentre l'altro iniziò a strapparmi i pochi vestiti che avevo adosso, e così mentre la signora stava a guardare con il ghigno sulla faccia, quei due ragazzi a turno mi violentarono.
Io con tutte le mie forze ho fatto resistenza e così uno dei due accese una sigaretta e me la spense sul piede, sentii un dolore tremendo. Ma più che il dolore fisico, ero ferita nel morale, ero a pezzi per quello che mi avevano fatto.
Alla fine la madame mi disse che anche questo era un modo per imparare il mestiere. Il giorno successivo dissi di NO ancora e così la signora fece arrivare di nuovo quei due ragazzi che se la ridevano. Il terzo giorno dissi di NO ancora e così iniziarono anche picchiarmi e a torturami spegnendomi sigarette anche sotto la pianta del piede e sulle braccia. .. (il seguito è intuibile)
Rimasi a Torino per altri mesi, fino all'inizio dell'anno sucessivo.